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Chisciotte

Uno studio tratto dall’omonimo testo teatrale di Luciano Nattino.

Anteprime:

25-26 giugno – Asti, Spazio KOR – Astiteatro 45

30 giugno ore 21.15 – Canonica d’Adda (BG), Parco Leonardo – I Luoghi dell’Adda

25 agosto – Vicenza – Be Popular

Don Chisciotte, un po’ ridicolo, un po’ santo, campione dei torti da raddrizzare, alfiere dell’utopia, impegnato in un’impari lotta contro mulini a vento e giganti, votato ad un’inevitabile sconfitta… o forse no? Perché, allora, il Mago Merlino suo antagonista non riesce a dormire sonni tranquilli, cos’è questa inquietudine che il “cavaliere dalla triste figura” produce, sotto la sua apparenza fragile e folle?

In scena si vedono un uomo e una donna, due metà di un cielo straziato dall’ennesima guerra. Lui: un reduce mai del tutto tornato dal fronte e dal suo orrore, che cerca rifugio nel mondo romanzesco degli antichi cavalieri. Lei: una donna sola alle prese con la sopravvivenza, entrata quasi per caso nella vita dell’eccentrico personaggio, e destinata a camminargli accanto.

Due solitudini, quindi, che cominciano ad avvicinarsi e sostenersi, a trovare il modo di resistere, ciascuno con i propri intenti, all’interno di una fantasia salvifica, quel mondo letterario cavalleresco in cui il reduce-Chisciotte si lancia a capofitto e in cui trascina lei, che talora incarna Dulcinea, talaltra Sancio Panza, oppure un cavaliere da sfidare a singolar tenzone.

In uno spazio scenico onirico si dipanano ancora una volta le avventure del più noto cavaliere errante della letteratura. Per contrastare i rigori del nostro tempo disincantato e afflitto dal pessimismo, si useranno lievità e romanticismo, musica, giochi di ruolo, trasformismo. Non si fa questo per ingenuità o per proporre facili soluzioni, ma per il tentativo strenuo di tener viva la fiammella della speranza.
Ci saranno segreti da svelare, duelli e voli vertiginosi e, come il senso stesso del teatro impone, una grande storia da consegnare ancora una volta agli ascoltatori, ognuno impegnato nella propria recherche della felicità.

Perché un nuovo Chisciotte?

[I miei] sono testi “labili” più che “facili”, in quanto mutevoli, mai definiti una volta per tutte, oggetto di continue rivisitazioni, cambiamenti, ritorni.

L’impermanenza è in fondo ciò che mi affascina di più nel teatro.

Luciano Nattino, Cinque pezzi facili

Le grandi storie sono tali perché, ogni qualvolta vengono rilette, mostrano nuove e inaspettate chiavi di interpretazione, e continuano così a parlare all’umanità di oggi. Questo vale certamente per il Don Chisciotte, capolavoro della letteratura, qui ripreso a partire dalla versione teatrale scritta da Luciano Nattino nel 1998 per una messa in scena che vedeva sul palco Antonio Catalano nei panni del fiero hidalgoe intorno a lui la compagine artistica di Casa degli alfieri e del Living Theatre uniti. Lo stesso Nattino, poco prima della sua scomparsa, aveva poi ripreso il testo per trasformarlo in una pièce a due voci, una maschile e l’altra femminile.

Da questi elementi iniziali ecco nascere l’idea di questo Chisciotte, destinato a duellare in tempi difficili, quelli odierni, in cui la speranza non è merce a buon mercato. A rinnovare in modo originale il classico dualismo Chisciotte-Sancio c’è ora la figura di Cloe, che apre a nuove possibilità di interazione tra i protagonisti.

Ad accettare la sfida che Luciano Nattino lancia, cioè di solcare nuovamente il suo testo, tenendo una nuova rotta, è Tommaso Massimo Rotella, attore e regista, folgorato fin dalla gioventù dalla poetica e dagli spettacoli memorabili del Magopovero. In tempi più recenti Nattino lo volle protagonista di “Francesco sulla strada” (2011) e, a suggello della reciproca stima e sintonia artistica, di “Un regalo fuori orario” (2014), il coraggioso e struggente spettacolo autobiografico che il drammaturgo scrisse intorno alla propria esperienza di malato di SLA.

Accanto a lui Patrizia Camatel, formatasi artisticamente accanto a Nattino che la diresse in vari suoi lavori (tra cui “Francesca e l’Eroe. La terza moglie di Garibaldi racconta e si racconta” (2009) e“Ofelia non deve morire” (2012)) e in seguito la guidò a sperimentarsi anche nel lavoro di scrittura teatrale e di regia, attività che tutt’ora svolge in seno alla Casa degli alfieri e con il Teatro degli Acerbi.