Arte visiva

Elena la nuvola

Un cuore stanco non si arrende mai

La nascita di Elena la nuvola

Tutti i bambini e le bambine appena nati sembrano pesci, sguazzano nell’aria come fosse acqua, come se, appena nati, fossero usciti dal mare, per poi rituffarsi. Certi bambini e bambine appena nati sembrano già in vacanza, con tutti i compiti della scuola già fatti. Certi bambini e bambine appena nati si sdraiano sulla pancia della mamma e si addormentano come piccolissime balene stanche di nuotare. Certi bambini e bambine appena nati si muovono nell’aria urlando, quasi come se la loro voce dicesse: “sono nato, guardatemi e ora zitti tutti, se volete che io smetta di urlare, datemi il latte della mamma”. Ma Elena no! Quando nacque, non pareva un pesce, non urlò, non sguazzò in aria, Elena no! Elena, appena nata, sembrava una nuvola leggera, lieve e si muoveva nell’aria come se fosse colpita da un vento invisibile. Il dottore posò quella nuvola bambina sulla pancia della mamma e subito Elena iniziò a muoversi proprio come fanno le nuvole in cielo, prendeva 1000 forme, come se facesse una danza antica, misteriosa.

L’infanzia di Elena la nuvola

Il rumore della camminata si sentiva lungo il corridoio della scuola. La maestra di Elena aveva sotto il braccio un pacco di fogli da disegno, entrò nell’aula, dove, ad aspettarla, c’era la mamma di Elena. La maestra, con fare indispettito, appoggiò il pacco di disegni sul banco, si sedette, afferrò le mani della mamma di Elena e le disse tutto d’un fiato, guardandola negli occhi: “signora, sua figlia Elena è la bambina più strana che io abbia mai avuto, guardi!”. La maestra mostrò il pacco di fogli. “Sua figlia disegna solo nuvole, nient’altro, nuvole di tutti i colori di tutte le forme, guardi questa e quest’altra e questa ancora, nuvole, nuvole, nuvole“. “Sì, lo so”, disse la mamma di Elena, “ha sempre la testa con lo sguardo al cielo, che cosa posso fare?”. La signora maestra mandò la bidella a chiamare Elena in classe. Arrivarono ed Elena corse ad abbracciare la mamma. La maestra fece sedere Elena: “ Io e tua madre vorremmo sapere perché disegni solo nuvole“. Elena, seduta su una sedia troppo alta, ballonzolando nel vuoto le piccole gambette, sorrise e poi disse: “Ma maestra, ma mamma, disegno le nuvole perché sono belle”.

L’adolescenza di Elena

Tutti i suoi compagni la chiamavano Elena la nuvola e lei doveva afferrarsi sempre a qualche cosa, perché aveva l’impressione e la paura di volare verso il cielo; allora, si aggrappava un banco, un ramo, si faceva dare la mano da un suo compagno di scuola, chiedeva alla mamma di riempire lo zaino perché, così, non c’era pericolo di prendere il volo. I suoi amici le volevano bene, tranne Giovanni che le faceva i dispetti, perché diceva ad alta voce “Elena è una nuvola, Elena è una nuvola, Elena è una nuvola”, lo diceva cantilenando. Elena si innamorò di un ragazzo e gli chiedeva sempre di essere presa per le mani per rimanere con i piedi sulla terra e non prendere il volo. Elena divenne grande in un batter d’occhio, nel tempo lieve di un sospiro d’amore.

La vecchiaia di Elena la nuvola

All’entrata della casa di riposo c’era scritto con caratteri cubitali “Quiete rosa“: così si chiamava quel posto pieno di letti, sedie a rotelle, lunghi corridoi, piatti di purè e brodo caldo. Una casa per anziani che avevano nelle mani i segni del tempo e del faticoso vivere. In quella casa era ospite

Elena la nuvola, ora diventata antica nel camminare, ma non nello sguardo, piccola, leggera e i suoi ricordi delle nuvole, dei disegni di Giovanni dispettoso non l’avevano mai lasciata. Veniva spesso a trovarla la figlia, Anna, che, premurosa, portava alla mamma fazzoletti di carta, un pacchetto di biscotti e delle babbucce nuove calde per l’inverno in arrivo. Un giorno Elena non si sentì bene e disse alla figlia di tenerle la mano per tutto il giorno e quando Anna le diceva “ma mamma lasciami la mano, sono tutta sudata“, Elena la nuvola si arrabbiava. “No, non lasciarmi tienimi la mano, figlia mia“. Verso sera, Elena aveva gli occhi stranamente sereni e disse: “Anna, ora puoi lasciarmi le mani“. Elena volò via, in vestaglia, con ancora nell’aria l’odore del brodino per la cena serale. Volò via per farsi nuvola, lieve, leggera, ritornò nel cielo e si fece pioggia per i fiori e per gli alberi. Elena la nuvola ora era felice di quella nuova vita, in cui aveva la possibilità di trasformarsi in ciò che voleva: sasso, cane, gatto, coccodrillo, drago… per farsi favole da raccontare anche a certi bambini dispettosi.